L'estate dei Festival Letterari è finita, il pubblico non è giovane

Nell'estate appena conclusasi ho avuto la fortuna di essere ospite di alcuni dei principali festival letterari del nord Italia. Aspettavo, per questi eventi, una presenza di pubblico molto inferiore rispetto a quella che ho avuto modo di constatare. Anche quei festival che non hanno ancora avuto modo di radicarsi nel territorio, come kLit, che quest'anno era alla sua prima edizione, sono riusciti a ottenere un numero di presenze discreto. Parolario, a Como, è stato quello che, in termini di pubblico, mi ha sorpreso maggiormente - la presentazione della «Generazione Entrante», di Giuliano Ladolfi Editore, giunta in un anno alla sua terza ristampa, ha ricevuto un'attenzione che io nemmeno sarei riuscito a immaginare.

Quando si parla di poesia si pensa a qualcosa che riguardi, in modo esclusivo, gli addetti ai lavori; la poesia, si dice, non attira pubblico o se lo fa è di poeti. A Como ci attendevano dalle duecento alle trecento persone, per lo più di mezza età o proprio anziane – non erano tutti cittadini della Repubblica delle lettere, questo è il dato importante. Abbiamo passeggiato con loro e, giunti sotto a uno splendido canforo, con il lago di Como che scintillava verde a duecento, trecento metri da noi, presentato la Generazione entrante. A Notturni di Versi le cose sono andate all'incirca nello stesso modo, il pubblico era più eterogeneo, i ventenni 5-6, su un'ottantina di persone. A Vignola, per il Poesia Festival – ci siamo intrattenuti a parlare delle ragioni delle nostre poetiche - qui, un quarto degli spettatori erano nostri conoscenti, va da sé che avessero tra i venticinque e i trentacinque anni.

Bisognerebbe a questo punto ragionare a riguardo del modo in cui gli ingredienti sono amalgamati determinando il pubblico di evento: la popolarità di un'opera, soprattutto ahinoi di un autore, la capacità di promozione degli organizzatori di un festival, il valore letterario effettivo (o presunto) delle pubblicazioni.
  • persone che dispongono di strumenti critici,
  • lettori forti,
  • lettori occasionali,
  • non-lettori,
  • amanti della porchetta,
  • fan di questo o di quello scrittore.
Che cosa porta tutte queste persone in un preciso luogo e per una lettura di poesia? Che cosa le convince a farsi una, due ore di macchina, per sentire quello che raccontano tre-quattro ragazzi (tornando alla «Generazione Entrante»). La domanda è cruciale soprattutto se ragioniamo, appunto, in termini generazionali, per la Generazione entrante il pubblico è stato quasi sempre composto da persone che non avevano venti-trentenni, ovvero la stessa età degli antologizzati. Le persone che venivano ad ascoltarci erano quasi tutte più grandi di noi, andavano, in genere, dai quaranta ai settanta. Già questo è un fatto che meriterebbe una certa attenzione. Come se le maglie della rete dei festival letterari faticassero a raccogliere i pesci più giovani.